STORIA – ARTE – LEGGENDE

San Nicolò

Non so voi, ma io adoro il Natale! Penso che sia il periodo più magico dell’anno!

In generale il Natale è la ricorrenza con cui celebriamo la nascita di Gesù, ma è anche un periodo di festa che porta con sé gioia, allegria e voglia di stare con le persone che amiamo! Non è solo una festa religiosa ma anche una festa pagana che viene celebrata da grandi e piccoli!

Nella mia Trieste, iniziamo il periodo delle celebrazioni natalizie il 6 dicembre e non è una data scelta a caso.

La notte tra il 5 e il 6 dicembre è una notte di attesa e trepidazione per tutti i bambini di Trieste (e non solo): si aspetta, infatti, l’arrivo di questo personaggio di nome San Nicolò.

Tipici dolci di cioccolata con l’immagine di San Nicolò e Krampus che vengono regalati ai bambini

I bambini, nei giorni precedenti, scrivono la loro lettera a San Nicolò chiedendogli i giocattoli più desiderati e promettendo di essere più buoni e bravi. Insomma, sembra proprio che San Nicolò sia una specie di Babbo Natale, ed infatti è da lui che deriva la più celebre figura che tutti conosciamo in ogni angolo del mondo!

Quella di San Nicolò è una festa diffusa non solo a Trieste, ma in gran parte del Nord-Est d’Italia dove in passato è stata forte l’influenza tedesca.

Le vetrine dei negozi sono piene di giocattoli, libri, dolci e splendono le luci e gli addobbi natalizi: tutti aspettano San Nicolò che distribuirà ai bambini più buoni tanti dolci e giocattoli, mentre, in teoria, a quelli che non sono stati proprio bravi durante l’anno passato, porterà solo del carbone!

La tradizione, nata più di 500 anni fa, deriva dalle zone del nord Europa, e ha come protagonista il vescovo S. Nicola. Di solito viene rappresentato con una lunga barba bianca che porta in dono ai bambini di solito dolci e caramelle, a patto, ripeto, che siano stati buoni durante l’anno appena trascorso.

Solitamente, nelle manifestazioni di piazza dove vengono organizzati dei cortei dove ci sono attori che impersonano il Santo, ci sono anche dei personaggi per nulla amichevoli: sono i Krampus, figure diaboliche, vestiti con pelli e stracci, spesso puzzolenti e sporchi, che rappresentano il Male, in eterno contrasto con il Bene rappresentato dal vescovo dalla barba bianca.

Questi diavoli, mezzi uomini e mezzi caproni, vanno in giro per le strade e cercano i bambini che sono stati cattivi. Nelle manifestazioni, solitamente gli attori vestiti da Krampus sono adolescenti grandi e grossi che gridano e fanno molto rumore. Il compito di San Nicolò è tenerli sotto controllo, ma solo fino al tramonto quando i Krampus sono liberi di andare in giro senza nessun controllo, per poi scomparire quando arriva il buio.

Quindi San Nicolò porta regali ai bambini buoni e protegge quelli cattivi dai Krampus… Ma qual è la storia di San Nicolò? Chi era davvero quest’uomo? Perché lo consideriamo la personificazione del Bene? E cos’ha in comune con Babbo Natale?

Forse non sapete che San Nicolò ha davvero ispirato la figura di Babbo Natale.

Questo Santo fu un vescovo… ma prima di diventarlo, fece qualcosa di veramente speciale. La storia racconta che San Nicolò incontrò una famiglia nobile e ricca caduta in miseria. Il padre, che si vergognava dello stato di povertà in cui si trovava, decise di far prostituire le sue figlie. Nicolò decise di aiutare queste ragazze: lasciò scivolare dalla finestra della casa dell’uomo tre palle d’oro, grazie alle quali l’uomo poté far sposare le figlie e risparmiare loro il disonore e l’orrore della prostituzione.

L’immagine del Santo, nei secoli, è stato legato alla figura dell’anziano con la barba bianca che porta regali. È diventato il Santa Claus dei paesi anglosassoni e il Nikolaus della Germania che a Natale porta regali ai bambini.

Ogni popolo lo ha adottato, vedendolo sotto una luce diversa, ma conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella di essere difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie.

Non sono più una bambina… ma ammetto che ancora rivolgo un pensiero a San Nicolò ogni mattina del 6 dicembre e butto un occhio al tavolo della cucina dove trovavo sempre i suoi doni che riempivano la ciotola che preparavo la sera precedente, prima di andare a letto! E sapete che vi dico? Trovo ancora un pacchetto ogni anno!

La legenda della Bora

Trieste è una città antica, con una lunga storia ed un’anima complessa. Nelle sue vie si respirano racconti di ogni tipo, storie fatte di leggende e di realtà. E queste storie rappresentano uno dei tanti modi in cui la città incuriosisce, perché non è facile capire dove finisce la realtà ed inizia la fantasia, quanto c’è di vero e quanto c’è di falso.

Trieste ha un territorio originale, fatto di roccia e di mare ed ha mille volti diversi: è la porta dell’Europa Occidentale verso Oriente, è la città dalle tante culture, unica per come le tante religioni convivono una a fianco dell’altra, famosa per il suo fascino mitteleuropeo… ed è anche la città della scienza, la città dell’Area Science Park, sede del Parco scientifico e tecnologico più grande d’Italia dove lavorano ricercatori provenienti da tutto il mondo e che ospita Centri di Ricerca ed Istituti nazionali e regionali, stranieri ed internazionali, che svolgono attività di ricerca in vari settori: le biotecnologie, la fisica dei materiali, la ricerca applicata all’industria farmaceutica e alimentare. Forse, proprio per questo, molti rimangono stupiti quando scoprono che questa scientifica Trieste ha anche un volto fantasioso, fatto di leggende inquietanti, di storie a cavallo tra la realtà e il sovrannaturale. Ma davvero è così strano? Albert Einstein diceva che chi non ammette che esista un mistero inspiegabile non può neanche essere uno scienziato… quindi tutto quadra, no?

Trieste è anche una città dal passato antica le cui leggende spesso si intrecciano con la tradizione classica greca e latina. Una delle leggende più belle riguarda un evento atmosferico tipico di Trieste: la Bora.

Innanzitutto ve la presento! Che cos’è la Bora? È il vento più violento e turbolento d’Italia e dell’intero bacino del mar Mediterraneo, ed anche uno dei venti più studiati al mondo. Spesso può soffiare con raffiche che superano i 130 km/h.

La “bora chiara” è accompagnata da condizioni di tempo stabile, secco e soleggiato, con aria limpida e ottima visibilità derivata dalle raffiche che spazzano via tutte le impurità.

La “bora scura” è molto più violenta e turbolenta della “chiara”, ed è quella che produce le tempeste più violente capaci di causare seri danni, con raffiche capaci di arrivare anche oltre i 170-180 km/h.

Questo vento può spaventare chi non è del posto… ma per gli abitanti di Trieste la bora è come una vecchia amica che ogni tanto torna a fare visita. Non dura mai a lungo: di solito 3,5 o 7 giorni. Toglie il respiro, rende difficile camminare ed impossibile portare con sé borse o pacchi. Rende inutili gli ombrelli in caso di pioggia. Ma qualsiasi triestino vi dirà che porta anche tanta allegria! Non è raro incontrare persone abbracciate ad un palo per recuperare l’equilibrio e resistere ad una raffica di bora che però non smettono di ridere con le lacrime agli occhi (un po’ per il divertimento e un po’ per il freddo pungente).

Esistono leggende diverse sull’origine di questo strano e caratteristico vento; in alcune la Bora è una strega cattiva, in altre è la protagonista di una storia d’amore. E siccome il rapporto tra la Bora ed i triestini è una relazione affettuosa, preferisco raccontare la leggenda che parla d’amore.

La storia inizia in un tempo lontano, molto lontano, quando Eolo, Dio dei venti che amava viaggiare per il mondo assieme ai suoi adorati figli, giunse proprio nella zona dove ora sorge Trieste.

Eolo aveva molti figli e figlie, ma la sua preferita era la giovane e capricciosa principessa Bora.

Quando giunsero su un verdeggiante altopiano che scendeva ripido verso il mare, Bora si allontanò per andare a giocare con le nuvole. Dopo un po’, incuriosita, entrò in una grotta dove incontrò un essere umano: Tergesteo. Egli era un giovane e bellissimo guerriero che era appena tornato da un’impresa leggendaria. Fu amore a prima vista e i due giovani vissero in quella caverna sette giorni di travolgente e tempestosa passione.

Quando Eolo si accorse che la sua figlia preferita era sparita, si preoccupò molto e decise di andare a cercarla.

La cercò disperatamente per molti giorni, fino a quando finalmente la trovò e, vedendola abbracciata a Tergesteo, si arrabbiò a tal punto che scatenò tutta la furia dei venti contro il povero ragazzo che finì sulle rocce e morì.

Dopo aver ucciso Tergesteo, Eolo ordinò quindi a sua figlia Bora di ripartire ma lei, distrutta dal dolore, non volle seguirlo e scoppiò in un pianto così disperato che ogni sua lacrima si trasformava in pietra.

Le lacrime furono talmente tante che quello che fino a quel momento era un verdeggiante suolo, divenne il roccioso altopiano carsico. Dal sangue di Tergesteo, invece, nacque il sommaco, che da allora ogni autunno colora il Carso di rosso.

Alla fine Eolo decise di ripartire e di lasciare Bora sul luogo che aveva visto nascere e morire il suo amore. Allora il mare, impietosito, ricoprì il corpo del povero innamorato di conchiglie, stelle marine e verdi alghe.

Col tempo su di esso si formò una verde collina sulla quale sarebbe poi stata fondata una città che, in onore di Tergesteo, sarebbe stata chiamata Tergeste, oggi Trieste.

Qui, ancor oggi, vive Bora poiché il cielo le ha concesso di rivivere ogni anno tre, cinque o sette giorni di splendido amore: sono i giorni in cui Bora soffia impetuosa, “chiara” quando è fra le braccia del suo amore o “scura” mentre attende di incontrarlo.

Trieste, città del caffè

Trieste è considerata la “città del caffè”. Ma perché proprio Trieste? Dopotutto il caffè può essere considerato un simbolo delle abitudini italiane più diffuse… chi non ha mai sentito parlare del famoso “caffè espresso” italiano? Perché allora il caffè è così strettamente collegato a Trieste che non è esattamente la città più italiana d’Italia?

La storia del caffè a Trieste e la sua importanza sono strettamente legate alla ricca tradizione culturale e commerciale della città.

Trieste, che si trova sulle rive settentrionali dell’Adriatico, è stata per secoli un importante porto marittimo e un punto di riferimento per il commercio tra l’Europa centrale e l’Oriente nonché principale porto del grande Impero d’Austria ed Ungheria.

È stato proprio grazie a questa posizione geografica privilegiata che il caffè ha fatto la sua comparsa a Trieste nel XVIII secolo.

Sembra che il primo carico di caffè sia giunto a Trieste nel 1719, proveniente dall’Oriente e più precisamente da Istanbul.

All’inizio questo nuovo prodotto, proveniente da terre lontane, era un prodotto di lusso, destinato alle classi aristocratiche; ben presto, però, il caffè divenne popolare tra gli abitanti di Trieste e i numerosi visitatori stranieri tanto che i locali in cui consumarlo divennero numerosi.

Da novità riservata a pochi fortunati, il caffè divenne rapidamente il fulcro della vita sociale e culturale di Trieste. I caffè storici, come il Caffè Tommaseo, il Caffè degli Specchi e il Caffè San Marco, divennero luoghi di incontro per intellettuali, scrittori, artisti e commercianti. Questi locali erano autentiche istituzioni, dove si poteva discutere di politica, letteratura e filosofia, nonché scambiare informazioni commerciali. I caffè erano anche luoghi in cui si poteva leggere giornali e riviste provenienti da tutto il mondo.

Presto a Trieste la pratica della miscelazione di diversi tipi di caffè provenienti da tutto il mondo divenne una nuova forma d’arte. I maestri torrefattori triestini svilupparono una conoscenza approfondita dei diversi tipi di caffè e delle tecniche di torrefazione. Grazie a questa competenza, il caffè triestino divenne noto per la sua alta qualità e il suo sapore distintivo.

Trieste era già la seconda città più importante dell’Impero austro-ungarico e con questa nuova attività divenne ancora di più rilevante come vero e proprio centro del commercio del caffè. La città ospitava numerose aziende di importazione e torrefazione del caffè che distribuivano il pregiato prodotto triestino in tutto l’Impero. Trieste divenne così un punto di riferimento per il caffè nell’area dell’Europa centrale e orientale.

Dopo la caduta dell’Impero austro-ungarico e la fine della Prima guerra mondiale, Trieste divenne una città italiana e perse gran parte della sua ricchezza: smise di essere il grande porto di un potente impero e divenne una delle tante città costiere di una penisola. La sua economia cambiò profondamente, in particolare dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Oggi, benché dotata di ancora un’intensa attività portuale, non è sicuramente più la città potente e ricca di un tempo. Tuttavia la sua anima non è cambiata: Trieste è ancora fortemente legata alla sua tradizione mitteleuropea e i suoi usi e costumi riflettono ancora la sua anima asburgica.

E nemmeno la tradizione del caffè a Trieste si è affievolita. I caffè storici sono ancora oggi dei luoghi affascinanti, che conservano l’atmosfera di un tempo. La cultura del caffè è un elemento fondamentale dell’identità di Trieste e continua a essere amata e apprezzata dai suoi abitanti e dai visitatori di tutto il mondo.

In conclusione, la storia del caffè a Trieste è un capitolo importante nella storia della città stessa. Il caffè ha giocato un ruolo fondamentale nella vita sociale e culturale di Trieste, diventando un simbolo della sua identità. La tradizione del caffè triestino, con i suoi locali storici e il suo sapore distintivo, continua ad affascinare e ad attirare appassionati di caffè da tutto il mondo. Ed in tutto il mondo ogni giorno le persone possono assaporare un caffè tipicamente triestino: il caffè Illy, oggi reperibile davvero in qualsiasi angolo di mondo, anche il più sperduto, e la cui sede produttiva principale si trova ancora a Trieste dove Francesco Illy fondò nel 1933 l’azienda Illycaffè. Questa però è un’altra storia…

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