La legenda della Bora

Trieste è una città antica, con una lunga storia ed un’anima complessa. Nelle sue vie si respirano racconti di ogni tipo, storie fatte di leggende e di realtà. E queste storie rappresentano uno dei tanti modi in cui la città incuriosisce, perché non è facile capire dove finisce la realtà ed inizia la fantasia, quanto c’è di vero e quanto c’è di falso.

Trieste ha un territorio originale, fatto di roccia e di mare ed ha mille volti diversi: è la porta dell’Europa Occidentale verso Oriente, è la città dalle tante culture, unica per come le tante religioni convivono una a fianco dell’altra, famosa per il suo fascino mitteleuropeo… ed è anche la città della scienza, la città dell’Area Science Park, sede del Parco scientifico e tecnologico più grande d’Italia dove lavorano ricercatori provenienti da tutto il mondo e che ospita Centri di Ricerca ed Istituti nazionali e regionali, stranieri ed internazionali, che svolgono attività di ricerca in vari settori: le biotecnologie, la fisica dei materiali, la ricerca applicata all’industria farmaceutica e alimentare. Forse, proprio per questo, molti rimangono stupiti quando scoprono che questa scientifica Trieste ha anche un volto fantasioso, fatto di leggende inquietanti, di storie a cavallo tra la realtà e il sovrannaturale. Ma davvero è così strano? Albert Einstein diceva che chi non ammette che esista un mistero inspiegabile non può neanche essere uno scienziato… quindi tutto quadra, no?

Trieste è anche una città dal passato antica le cui leggende spesso si intrecciano con la tradizione classica greca e latina. Una delle leggende più belle riguarda un evento atmosferico tipico di Trieste: la Bora.

Innanzitutto ve la presento! Che cos’è la Bora? È il vento più violento e turbolento d’Italia e dell’intero bacino del mar Mediterraneo, ed anche uno dei venti più studiati al mondo. Spesso può soffiare con raffiche che superano i 130 km/h.

La “bora chiara” è accompagnata da condizioni di tempo stabile, secco e soleggiato, con aria limpida e ottima visibilità derivata dalle raffiche che spazzano via tutte le impurità.

La “bora scura” è molto più violenta e turbolenta della “chiara”, ed è quella che produce le tempeste più violente capaci di causare seri danni, con raffiche capaci di arrivare anche oltre i 170-180 km/h.

Questo vento può spaventare chi non è del posto… ma per gli abitanti di Trieste la bora è come una vecchia amica che ogni tanto torna a fare visita. Non dura mai a lungo: di solito 3,5 o 7 giorni. Toglie il respiro, rende difficile camminare ed impossibile portare con sé borse o pacchi. Rende inutili gli ombrelli in caso di pioggia. Ma qualsiasi triestino vi dirà che porta anche tanta allegria! Non è raro incontrare persone abbracciate ad un palo per recuperare l’equilibrio e resistere ad una raffica di bora che però non smettono di ridere con le lacrime agli occhi (un po’ per il divertimento e un po’ per il freddo pungente).

Esistono leggende diverse sull’origine di questo strano e caratteristico vento; in alcune la Bora è una strega cattiva, in altre è la protagonista di una storia d’amore. E siccome il rapporto tra la Bora ed i triestini è una relazione affettuosa, preferisco raccontare la leggenda che parla d’amore.

La storia inizia in un tempo lontano, molto lontano, quando Eolo, Dio dei venti che amava viaggiare per il mondo assieme ai suoi adorati figli, giunse proprio nella zona dove ora sorge Trieste.

Eolo aveva molti figli e figlie, ma la sua preferita era la giovane e capricciosa principessa Bora.

Quando giunsero su un verdeggiante altopiano che scendeva ripido verso il mare, Bora si allontanò per andare a giocare con le nuvole. Dopo un po’, incuriosita, entrò in una grotta dove incontrò un essere umano: Tergesteo. Egli era un giovane e bellissimo guerriero che era appena tornato da un’impresa leggendaria. Fu amore a prima vista e i due giovani vissero in quella caverna sette giorni di travolgente e tempestosa passione.

Quando Eolo si accorse che la sua figlia preferita era sparita, si preoccupò molto e decise di andare a cercarla.

La cercò disperatamente per molti giorni, fino a quando finalmente la trovò e, vedendola abbracciata a Tergesteo, si arrabbiò a tal punto che scatenò tutta la furia dei venti contro il povero ragazzo che finì sulle rocce e morì.

Dopo aver ucciso Tergesteo, Eolo ordinò quindi a sua figlia Bora di ripartire ma lei, distrutta dal dolore, non volle seguirlo e scoppiò in un pianto così disperato che ogni sua lacrima si trasformava in pietra.

Le lacrime furono talmente tante che quello che fino a quel momento era un verdeggiante suolo, divenne il roccioso altopiano carsico. Dal sangue di Tergesteo, invece, nacque il sommaco, che da allora ogni autunno colora il Carso di rosso.

Alla fine Eolo decise di ripartire e di lasciare Bora sul luogo che aveva visto nascere e morire il suo amore. Allora il mare, impietosito, ricoprì il corpo del povero innamorato di conchiglie, stelle marine e verdi alghe.

Col tempo su di esso si formò una verde collina sulla quale sarebbe poi stata fondata una città che, in onore di Tergesteo, sarebbe stata chiamata Tergeste, oggi Trieste.

Qui, ancor oggi, vive Bora poiché il cielo le ha concesso di rivivere ogni anno tre, cinque o sette giorni di splendido amore: sono i giorni in cui Bora soffia impetuosa, “chiara” quando è fra le braccia del suo amore o “scura” mentre attende di incontrarlo.

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